Intervista del Cavalier De Gustibus

Anni fa fui incaricato di intervistare il Professore Ruggero Ambrosetti di Pavia, ricercatore e storico, esperto della medicina antica. L’intervista fu riportata da alcune riviste del settore e riproposta anche in una televisione privata. Ora a distanza di anni ho trovato lo scritto tra i miei vecchi documenti e, ritenendolo sempre interessante, ve ne propongo alcuni passaggi.

Quale fu la funzione dei sacerdoti nella medicina antica?
I popoli antichi della cultura occidentale non riuscivano a spiegare razionalmente i fenomeni naturali e ritenevano che le malattie fossero un castigo divino, di conseguenza l’arte medica aveva contenuti sia magici che mistici e veniva praticata dai sacerdoti.

I filosofi non ebbero alcun ruolo?
Al contrario, furono proprio i filosofi ad avere un ruolo importante affinché la medicina abbia potuto prendere le distanze dalla religione e dalla magia ed indirizzarsi su una visione scientifica che avesse come fondamento l’esperienza diretta.

Di conseguenza nacquero le prime scuole di medicina.
Esatto, la più antica risale al VII secolo a.C. e fu quella di Mileto. Il suo principale esponente fu il filosofo Talete che affrontò lo studio dell’uomo da un punto di vista detta la “teoria degli elementi” che ebbe grande rilievo anche nei secoli successivi.

In cosa consisteva?
Essa si basava sul concetto che l’universo era costituito da quattro elementi fondamentali: aria, acqua, terra, fuoco, e da essi scaturivano le qualità di secco, umido freddo, caldo, dolce e amaro.

Ne nacquero altre?
Nel VI secolo a.C. a Crotone, una delle più importanti città della Magna Grecia operò Pitagora, grande filosofo e matematico dell’antichità. Egli riteneva che le malattie nascessero dagli eccessi e potevano essere evitate attenendosi ad uno stile di vita basato sul rispetto di alcune regole alimentari, igieniche e comportamentali. Un importante allievo di Pitagora fu Alcmeone di Crotone, il quale sviluppò il concetto che l’uomo fosse un microcosmo costituito dai quattro elementi individuati da Talete: acqua, aria, terra, fuoco, e lo stato di salute dipendesse dall’equilibrio di questi elementi mentre la malattia insorgeva quando uno di questi prevaleva sugli altri.

Ed il grande Ippocrate?
Dobbiamo attendere un secolo, il V a.C., per vedere affermarsi definitivamente la medicina razionale che negava l’intervento divino nelle malattie. Ippocrate ne fu l’artefice creando una concezione interdisciplinare della medicina, basata sull’uomo. Per lui sia la malattia che la salute dipendevano da specifiche circostanze umane, intrinseche della persona stessa. Egli credeva nel potere della forza guaritrice e rigeneratrice della natura.

Come si interfacciava con i suoi allievi?
Consigliava ai suoi allievi di osservare attentamente il malato, ma di intervenire solo per correggere lo squilibrio che c’era nell’organismo. Raccomandava, inoltre, di prestare molta attenzione all’alimentazione e alla salubrità dell’aria.
Ippocrate sviluppò la sua concezione medica partendo dalle teorie di Talete e di Alcmeone di Crotone, ed è considerato il più importante medico dell’antichità.
La sua popolarità fu talmente ampia e duratura che i suoi testi furono commentati nelle Università fino al XVIII secolo.

Altri medici?
Bisogna arrivare fino al II secolo d.C. per incontrare la figura di Galeno, uno studioso che mise insieme le teorie mediche del passato per crearne una propria che teneva conto sia degli aspetti biologici ed anatomici, che dell’unità psico-fisica dell’uomo e della patologia umorale ippocratica. Secondo Galeno il medico ideale doveva essere allo stesso tempo filosofo ed educatore, teorico e pratico per poter conciliare l’aspetto astratto con l’applicazione pratica.
I concetti espressi da Galeno furono ampiamente utilizzati anche dalla medicina posteriore tardo-antica e medioevale.

Ma i medici erano anche farmacisti?
Nell’antichità il medico doveva essere in grado di formulare le ricette per la preparazione dei farmaci necessari a curare l’ammalato. La medicina, chiamata” medicamento “, era una mistura di diversi ingredienti e aveva la funzione di modificare lo stato dell’ammalato. Estrapolava queste ricette dai moltissimi trattati scritti sull’argomento. Gli ingredienti di base le cui virtù erano riconducibili alle qualità di “caldo, umido, freddo, secco” erano chiamati “semplici”. I più diffusi erano l’aceto, l’incenso, l’olio di oliva (trattato in vari modi), il pepe, il vino, il latte, l’allume, la calcina, le scaglie di rame e molti altri ancora.

Penso che l’olio fa facesse da padrone.
L’olio d’oliva trovò larga applicazione medica nel mondo occidentale antico e poteva essere utilizzato da solo, e in questo caso era definito “olio comune”, ma molto spesso era usato in combinazioni binarie o ternarie insieme ad altri ingredienti, oppure in composti ancora più complessi. Nei testi di Ippocrate le combinazioni binarie e ternarie erano le più diffuse, ma con il passare dei secoli aumentò l’uso delle applicazioni che richiedevano varietà di olio differenti sia per l’origine di provenienza (Iberico, Istriano, Libico, Cilicio, Sabino, ecc.), sia per la complessità di preparazione. Una volta elaborati potevano essere “naturali” o “artificiali”. Gli oli naturali pur essendo ottenuti solo dall’oliva, variavano per alcuni fattori come l’epoca di raccolta (con le olive acerbe si otteneva l’olio omfacino, con quelle mature il maturo), la tecnica di estrazione, l’età (olio vecchio), la provenienza o se veniva esposto a fonti di calore (il freddo, il tiepido, il caldo, il bollente). Gli oli artificiali si ottenevano mediante lo scioglimento in esso di sostanze chimiche (sale, soda, ecc.), o attraverso la bollitura o la macerazione di prodotti vegetali o animali.
Gli oli artificiali a base vegetale erano i più numerosi. Tra i più usati c’era l’olio laurino, che si otteneva mediante la macerazione nell’olio d’oliva e la successiva spremitura delle foglie e delle bacche di alloro; c’erano inoltre l’olio di rosa, di mele cotogne, di ligustro, di camomilla, ecc.
Gli oli artificiali a base animale venivano utilizzati solo nella medicina popolare e non in quella dotta ed erano l’olio di rana, l’olio di vipera, ecc.

Applicazioni pratiche?
L’olio d’oliva comune o nelle sue innumerevoli varianti sopra descritte trovava molteplici applicazioni nella cura di diverse malattie. Inizialmente veniva usato sotto forma di frizione, instillazione o iniezione con funzione analgesica e ammorbidente. Ad esempio, l’olio insieme all’acqua fredda aveva lo scopo di raffreddare e veniva usato per frizionare il corpo in caso di febbre molto alta. L’olio mescolato al sale si riteneva avesse virtù astringenti ed essicatorie e si usava come frizione per inibire la sudorazione e ridurre le fratture. L’olio insieme all’aceto, invece, era usato come cicatrizzante, antispasmodico e rilassante. L’olio e il vino avevano virtù ammorbidenti ed antinfiammatorie e si usavano per lavare le pustole o fare irrigazioni vaginali. Nell’epoca romana l’uso dell’olio in medicina crebbe notevolmente ed aumentarono anche i metodi di utilizzo, ad esempio veniva somministrato per via orale, specialmente come emetico in caso di avvelenamento. Inoltre, era applicato su tutte le parti del corpo in caso di scottature o raffreddore ed era consigliata l’immersione nell’olio caldo, in una sorta di vasca da bagno in muratura o portatile, in caso di dolori di nervi, febbri con brividi e difficoltà ad urinare. All’olio vecchio venivano attribuite molte virtù: serviva come detergente se instillato nelle orecchie che avevano pus, era un ottimo digestivo ed evacuante sostituiva l’olio di ricino, veniva usata anche come cicatrizzante, ammorbidente e purificante. L’olio acerbo aveva virtù rinfrescanti ed era consigliato per contrastare la caduta dei capelli o in caso di mal di testa.

Vi furono delle sofisticazioni?
A conferma dell’enorme utilizzo dell’olio in medicina ed in veterinaria cominciarono a circolare anche dei surrogati che sostituivano gli oli particolari ottenuti con ingredienti costosi: essi venivano sostituiti con prodotti più economici come la sugna di maiale vecchia al posto dell’olio vecchio o l’olio di cotogne al posto di quello di rosa.

Quindi l’utilizzo dell’olio in medicina fu un successo.
L’aumento delle applicazioni nell’olio in medicina ed in veterinaria coincise con una fase di notevole sviluppo della coltivazione dell’olivo, con la diversificazione della produzione in termini qualitativi e con un incremento della circolazione di questo prodotto in tutto l’Impero Romano. L’uso medico dell’olio, grazie alla sua maggiore disponibilità, si estese anche ai ceti più bassi, come testimoniano i testi della letteratura profana di epoca imperiale e il suo impiego si protrasse anche nei secoli posteriori rimanendo radicato specialmente nella medicina popolare.

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