Articolo realizzato da Alan Bertolini
Console per il Trentino Alto Adige dell’ UNION EUROPÉENNE DES GOURMETS, Sommelier AIS,
Maestro assaggiatore ONAF – (Organizzazione Nazionale Assaggiatori Formaggio)
Che bello quando ci accingiamo ad aprire uno spumante, una bollicina od una bolla, come dicono i giovani d’oggi…!
Il problema però, dopo aver scelto il tipo di spumante, è scegliere il giusto bicchiere, aldilà che sia un Metodo classico (o Metodo champenoise), un Metodo Martinotti (Metodo Charmat, per i Francesi), o altro ancora, tipo un Metodo ancestrale, oggi tornato alla ribalta.
Si, perché il bicchiere dovrebbe essere lo strumento che aiuta a valorizzare quel particolare tipo di spumante.
Pur tuttavia, oggi ognuno utilizza il bicchiere che crede!
C’è chi impiega il Ballon, più o meno grande e più o meno largo alla bocca, c’è chi impiega il bicchiere cosiddetto TrentoDoc, o Franciacorta (i bicchieri identificativi dei rispettivi Istituti e Consorzi di Tutela oltre che dei due diversi territori, naturalmente), chi ancora il flùte, chi la coppa, anni 70, e via dicendo. Ognuno, in altre parole, adotta il bicchiere che crede e sostiene che …quello è il giusto bicchiere per lo spumante servito…!
Ciò, esponendo i motivi tecnici, e non tecnici, più disparati.
Ora, senza entrare nei dettagli tecnici riguardo ai punti perlage e loro funzione, se va bene o meno che ci siano, e semmai quanti, uno centrale, o 5 o 6 disposti in cerchio, oppure se il cristallo impiegato contiene ossido di piombo od ossido di bario, limitiamoci qui ad analizzare l’evoluzione che la forma dei bicchieri hanno avuto nel tempo.
Prima degli anni 70, lo Champagne, lo Spumante Italiano (Metodo classico), e lo Spumante Spagnolo (Cava), oltre ad altri ancora, erano ad appannaggio di pochi ed erano anche pochi i luoghi ove si potevano degustare, motivo per cui venivano utilizzati i bicchieri disponibili all’epoca, senza molte pretese: in genere era un bicchiere a calice di media grandezza, possibilmente di cristallo, ma anche un buon vetro era accettato.
In Francia però, lo champagne veniva tradizionalmente servito nella coppa.
Negli anni 70, anche in Italia, rievocando la Belle Epoque, grazie anche all’alto consumo dell’Asti Cinzano (vino dolce), si diffuse poi l’utilizzo del bicchiere a coppa. Sul punto, la storia recita che la coppa sia legata ad un personaggio controverso, ovvero a Madame de Pompadour, l’amante di Re Luigi XV di Francia, sul cui seno perfetto, sia stato modellato il bicchiere. Chissà, se sarà vero!
Certo, lo charme della coppa, c’era tutto, ma all’epoca si dava più importanza alla forma innovativa del bicchiere più che ai dettagli tecnici dello stesso o a che cosa permettesse di apprezzare in bocca dello spumante contenuto. Chiaro, che la coppa, vista la sua grande apertura, premiava più l’aspetto gustativo, ovvero la freschezza e la sapidità del vino, penalizzando l’aspetto visivo, ove la percezione del colore e delle bollicine era più difficoltoso. In quel periodo però, è notorio, ci si godeva la vita in modo anche sfrenato, quindi tempo per l’attenzione ad altri dettagli non se ne dedicava. Bisogna però dare merito al fatto che …era nato un bicchiere specifico per lo spumante…, cosa non da poco!
Successivamente, ed in netta contrapposizione alla coppa, venne ideato ed adottato il flùte, bicchiere stretto e lungo (a tubo praticamente), dando così priorità all’apprezzamento delle bollicine. Il flùte è forse il bicchiere da spumante più discusso in assoluto, anche perché scomodo per bere, per effetto dell’imboccatura strettissima (scomodo nei riguardi del naso soprattutto), eppoi per l’ingresso dello spumante in bocca troppo incanalato, penalizzando così le sensazioni di sapidità e freschezza. Ciò nonostante, prese il sopravvento rispetto alla coppa e fu utilizzato per decenni.
Se pensiamo ai brindisi ed ai festeggiamenti del passato ed al cinema, il flùte la fa da padrone infatti. Basti qui pensare ad uno dei film più famosi del passato, Pretty Women, dove Richard Gere fa degustare a Jiulian lo champagne, nel flùte, con le fragole: fu l’anno 1990.
In Italia, successivamente all’inizio del ventesimo secolo, nelle due zone maggiormente vocate per il metodo classico, TrentoDoc e Franciacorta, vennero adottati seppur con un certo timore, dei bicchieri frutto sostanzialmente della fusione della coppa e del flùte: due bicchieri a calice, di medie dimensioni, con il fondo a V, leggermente diversi nelle dimensioni e nella grandezza dell’imboccatura.
Due bicchieri, innovativi ed eleganti, che danno il giusto merito, per forma e dimensione, allo spumante, tale da permettere l’apprezzamento del colore e delle bollicine, alla vista, quindi il bouquet, al naso, eppoi ed infine, alle sensazioni gustative, date dalla giusta ed equilibrata apertura dell’imboccatura che permette allo spumante un ingresso in bocca tale da poter irrorare le diverse zone di gusto della lingua, agevolando poi anche una percezione successiva retro gustativa.
Due bicchieri, ancora oggi utilizzati ed attuali, identificativi di quel specifico prodotto e di quel specifico territorio.
Solo in tempi relativamente recenti, circa una decina di anni fa, si inizia ad impiegare il classico bicchiere a calice, più o meno grande, con l’impiego talvolta di punti perlage, visto il fondo dello stesso piuttosto piatto e largo. Si ritorna quindi a dare priorità, come si era fatto con la coppa negli anni settanta, agli aromi ed al sapore penalizzando un pochino l’aspetto visivo, riguardo al colore e perlage. Va detto comunque, che un calice di medie dimensioni, permette di mantenere una altezza dello spumante tale da poter cogliere abbastanza bene, sia il colore che il perlage. Motivo per cui, in molti locali oggi, viene adottato per gli spumanti, il calice di medie dimensioni.
Qui, prescindiamo dall’impiego di punti perlage imposti, che come sappiamo, non fanno altro che indurre la partenza delle bollicine da tali specifici punti di incisione. Prescindiamo anche dalla tipologia di spumante e dalla sua complessità, poiché come è noto, il bicchiere dovrebbe essere scelto sempre in modo specifico. Più sopra, abbiamo quindi visto come ogni bicchiere metta in risalto alcuni aspetti visivi ed organolettici dello spumante e ne penalizzi altri.
Ecco che allora, quando in apertura del presente articolo si è detto che “Ognuno adotta il bicchiere che crede e sostiene che …quello è il giusto bicchiere per lo spumante”, in ciò, un fondo di verità c’è: dipende infatti, a che cosa si vuole dare priorità. Dipende infatti, se vogliamo dare priorità alla vista, all’olfatto od al gusto. E questo, dovrebbe dipendere soprattutto dal prodotto che si sta degustando, poiché non tutti gli spumanti sono uguali, anzi ve ne sono di profondamente diversi uno dall’altro. E, ad essere obbiettivi, sia uno spumante semplice che uno complesso, meriterebbe il giusto (suo) bicchiere, così da valorizzare al meglio quelle (sue) note o connotazioni particolari.
Ognuno di essi quindi, meriterebbe un bicchiere specifico, scelto all’uopo, come se quest’ultimo fosse il vestito della festa dello spumante, festeggiato.
Quindi, a voi la scelta…!