Tra grandi alberi e grandissimi piatti
Il Savurett, perla nascosta dell’Appennino Reggiano
Articolo realizzato da Carlo Mantovani – L’Inviato nel Buon Gusto
Giornalista dendrogastronomico ideatore del Movimento Paesaggezza
Quando presento le mie guide dendrogastronomiche, che propongono un modello turistico innovativo, in perfetto equilibrio tra la natura dei grandi alberi (che affondano le radici nel terreno) e la cultura enogastronomica dei grandissimi piatti e prodotti (che le radici le affondano invece nel territorio), concludo sempre con la stessa frase: seguite i grandi alberi e arriverete in grandissimi posti. E non si tratta di uno slogan ad effetto, per vendere più libri: come confermano la mia trentennale carriera di dendronauta e uno dei primi patriarchi da frutto che ho visitato, è la semplice, meravigliosa realtà. Anni fa avevo avevo letto che a Marola, nel Comune di Carpineti, Appennino Reggiano, c’era una delle piante di pero piu grandi d’Italia: alla prima occasione, ovviamente, ho raggiunto Marola e, dopo breve ma amena passeggiata lungo via Canova (che parte dal centro del paese) tra castagni, panorami da cartolina (come quello sulla leggendaria Pietra di Bismantova), mi sono trovato ai piedi di questo enorme pero che troneggia nell’incantevole giardino di una casa signorile del ‘400 (appartenente alla famiglia Canova), un patriarca che supera i due secoli di vita. Il proprietario, un esperto di frutti antichi locali, mi ha detto che si tratta di un pero Spalér: una varietà preziosa perché queste pere autunnali sono tra gli ingredienti principali del Savurett, un condimento tradizionale tipico dell’Appennino reggiano che, come suggerisce questo simpatico diminutivo dialettale, è un “Savor” con meno ingredienti. Un’autentica delizia che nel territorio compreso tra Carpineti, Baiso e Viano viene preparata da secoli all’inizio di novembre soltanto con pere (tra cui Spaler, Avallo e Nobile) e mele (Campanine): ma che, nonostante sia giustamente inserita tra i P.AT., cioè i prodotti agroalimentari tradizionali dell’Emilia-Romagna, quasi nessuno conosce. Una vera e propria perla nascosta della gastronomia reggiana, insomma, ma che – come tutte le cose buone – richiede una preparazione piuttosto lunga e faticosa. Una volta raccolte, infatti, le pere vengono sbucciate e la loro polpa – dopo essere stata grattugiata – viene torchiata e il succo cotto per 24/30 ore: alcune ore prima del temine della cottura, in genere, vengono aggiunte alcune fette di pera Nobile (varietà presidio di Slow food), in modo che nella composta – altrimenti completamente liquida – resti anche un po’ di polpa. Nonostante qualcuno ancora lo prepari a casa, continuando la tradizione familiare, gli unici produttori ufficiali – attualmente – sono soltanto due e si trovano a Carpineti, ovviamente nell’Appennino reggiano. Anche se nel Savurett non è presente il mosto (e quindi non crea alcun problema di acidità), è un condimento che, come l’aceto balsamico si conserva a lungo (almeno 10 anni) e si presta benissimo a tanti abbinamenti, dolci e salati: dalla ricotta (con cui forma la risposta emiliana e molto piu leggera alla combinazione romagnola fichi caramellati e squaquerone), al Parmigiano Reggiano, dal gelato alla frittata e dal ripieni del tortelli dolci, fino ai tortelli di zucca e ai cappelletti/tortellini con crema di parmigiano. Se avete già l’acquolina in bocca e non vedete l’ora di provare questa antica delizia della montagna reggiana – che secondo alcuni risale ai tempi di Matilde di Canossa – raccomando due produttori, entrambi di Carpineti: Az. Agrcola Varo e Az. Agriapistica biologica La natura. Ricordo poi che, nonostante la mancanza di una festa dedicata, specialità a base di savurett si possono assaggiare proprio a Marola – dove si trova il sopracitato patriarca da frutto – in occasione della festa della Castagna di Marola, che si tiene ogni anno le prime tre domeniche di Ottobre (raccomando il ristorante dell’Hotel Marola).